Dienstag, 17. Februar 2009

A ciascun passo nasce un pensier novo

"Quali colombe dal disio chiamate
Con l’ali alzate e fe
rme al dolce nido
Vengono per l’aere, dal voler portate;

Cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
A noi venendo per l’aere maligno,
Sì forte fu l’affettüoso grido."

(Inferno canto 82- 87)

La primavera si annunciava vermiglia e le distese di margherite gialle le rendono il giusto scenario per una così solenne ricorrenza. Da sole riempivano la valle dietro la grande roccia bianca, regalando allo sguardo uno scenario indimenticabile.
La luce per un frangente venne meno, il sole che non guardavo, ma che sentivo permanente addosso, parve avere un sobbalzo per un attimo. Un solo riflesso spontaneo, rivolsi gli occhi verso l’alto per essere accecato dalla luce abbagliante, ma in un attimo fu il frastuono,
la sensazione che si prova quando alle parole vien la voglia di tacere.
Centinaia dico, molti di più gli uccelli che sorvolarono in quell'istante, e le loro ombre su di me
pronte a rendersi testimoni della loro forza. Creare nello stesso frattempo, mentre il mio sguardo seguiva tutto trepidante, una simmetria perpendicolare alla mia linea d'ossevazione, uccelli e le rispettive ombre, leggeri entrambi, i primi sopra a volteggiare superando la grande roccia bianca, gli altri scuri schiantarsi su di essa e risalirla per di più tutta, e poi ricongiungersi alla lor prima fattezza, un asse disegnato nella mia mente nella quale inserire le parabole dei miei pensieri ormai involati nel nel loro veloce volteggiare.

LnM

Montag, 16. Februar 2009

Lo star mi strugge e il fuggir non m'aita



"Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbabdonato, quand'io vidi

solo d'innanzi a me la terra oscura;"

(Purgatorio canto III 19-21)

Insieme alla mia ombra ho iniziato un viaggio.
In realtà ero solo, ma la sua compagnia m'ispirava serenità voglio così pensare di essere stato con lei sola e unica testimone.
Una notte la strada degli Apostoli era vuota, l'ora tarda e il vento autunnale costringeva a restarsene a casa. La mia di casa era ormai lontana, preferivo camminare riscoprendo la solitudine dei miei pensieri, che in me soli si ripetevano, ripetendosi esausti di essere solo pensati.
Ero in compagnia della nonvita cittadina, delle indelebili impronte che lascia l'uomo sulla città. Data l'ora, vorrebbero pur dormire loro, le luci, le vetrine dei negozi, sofferenti croniche d'insonnia, stanche di essere osservate, dormirebbero anche loro a quell'ora della notte, ma si mostrano gentilmente ai mie occhi di passante, ma troppo distratto son io, per così tante luci, poi così intense. Troppe luci o forse poche, troppo poche ombre. Che sia la mia ombra a guidarmi stasera, che voglia lei un po' di buio per poter esser, lei finalmente un po' sola, troppo poca luce, e troppo poco è il buio, sembra infastidita di dovermi danzare attorno, costretta, passo dopo passo, desidera solo spiccare il volo, in modo fugace, tanto per non fare male a nessuno, come se in questo suo girarmi e ripassarmi prima davanti e poi di fianco, stesse cercando una via di fuga.
Vorrebbe forse liberarsi da questo continuo mostrarsi in tutte le sue forme e lunghezze, stufa di sfilare sempre in basso, di non avere le attenzioni debite per tanto sforzo, non oso immaginare, se quntificabile possa esserlo, il dolore d'un'ombra. Non esiste il rimorso!
Sotto il duomo ad un'ora che non conosco, ero arrivato senza essermene accorto, ero distratto o indaffarato con il mio pensare, e dell'ombra mi crucciavo ma fantasticando ormai non la consideravo. Alzai lo sguardo e fu in quell'istante che le luci che lo rendevano maestoso ed imponente si spensero. Improvvisamente mi lasciarono solo, questa volta non c'era più nessuno e il mio pensiero ammutolito di fronte a tanto scempio, smise di pensare alle ombre, le stesse che in quel frangente si erano liberate di me.

LnM